venerdì 6 maggio 2016

"D" come diligenza

Delle varie forme di irrequietezza dell'animo ve n'è una che si traveste di diligenza. Sottratta alla pacatezza e alla serenità cui l'essere umano - oltre una certa età - aspira, assume piuttosto sembianze curiose, quiescenti ma non del tutto, pronte ad animarsi dinnanzi lo spettatore giusto. Magari proprio il proprio capo o l'uomo che può.

Che bizzarria questa diligenza! Per essere notata necessita di una sufficientemente rumorosa ostentazione. E si, perché cosa vuoi che urli un culo appiattito da otto ore di lavoro e una aggiuntiva di inutili straordinari non retribuiti? Chissà cosa avranno da dire le vene di quel lavoratore così diligente da non alzarsi mai dalla sedia, nemmeno per far fluire il sangue dal cuore all'alluce.
Ma è evidentemente ampio l'appagamento provato nel poggiare le proprie membra su una poltrona, feticcio che alcuni mai vorrebbero lasciare al punto da beggiare un ora dopo il dovuto e ritornare alla seduta prima ancora che l'ultimo accenno dell'orma della propria figura sia riassorbito dall'imbottitura.
Trattasi, a ben vedere, di una dote che quasi incolla ma lascia libero l'attore di esibirsi in piroette metafisiche sui massimi sistemi. Ma solo al momento opportuno. Sicché, compiaciuto del risultato ottenuto in visibilità, il diligente fa ritorno alla propria diligenza in un'attesa paziente del presentarsi della prossima occasione di dar spettacolo di sé e delle proprie ferree e superbe doti di volontà.

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